È il 1951 quando a Villacidro, paese di ombre e streghe, nasce Efisio Pisano: tra i suoi monti, le sue vallate e i suoi angoli di paradiso trascorrerà la sua infanzia e la sua adolescenza. Frequenta l’istituto tecnico di Guspini, a pochi km da casa sua.
Una volta diplomato il suo futuro pare delinearsi chiaramente: un lavoro stabile, una casa, le radici che si insinuano profonde nella terra sarda. Così non sarà, con in mano una valigia verde e i suoi occhi cristallini decide di partire, di far volare in alto i sogni e di inseguirli: è Milano la sua terra promessa, l’arte il senso del suo andare. Qui tutto è nuovo e profondamente diverso dalla sua realtà, colori, strade, grattacieli, volti, tutto è nuovo, affascinante e duro allo stesso tempo. A Milano frequenta un corso di pittura presso il circolo “Il Naviglio”: è il 1973 e inizia così la sua vita di artista. Trascorrono tre anni e decide di prendere di nuovo in mano la sua valigia verde, meta Torino e l’Accademia Albertina.
Delle innumerevoli forme in cui l’arte si mostra è la scultura quella che per Efisio Pisano diventa ragione di vita, linfa da cui attingere per ogni suo respiro, strada maestra su cui poggiare i suoi passi, a volte a fatica, altre con estrema leggerezza, sempre con passione e mai per abitudine.
Il suo cammino da scultore lo riporta nella sua terra natia: è qui ai piedi del monte Linas che nascono le sue opere, ma quando l’aria diventa torrida, nelle estati quasi africane che la Sardegna conosce, cerca rifugio vicino alla brezza marina, a Portoscuso: qui la pietra si mescola con la sabbia e la bruma del mare ricopre tutto, come un ricamo fatto a mano.
Sono tante le città che ospiteranno le sue mostre, Cagliari, Ozieri, Olbia, Milano, Dorgali, Louviere (Belgio), Nuoro, Porto Torres, Berchidda e per finire la sua cittadina natia, Villacidro.
Quando la sua vita sembra ormai affondata in quelle radici che lo avevano riportato a vivere nel suo paese, si apre per lui una finestra su un mondo nuovo, fatto di colori vivaci e musiche allegre: il Brasile si offre a lui con amore e lui con trasporto risponde. Le tracce dei lunghi mesi trascorsi in quella terra lontana si possono trovare nelle sue sculture, che mai come adesso esaltano la bellezza femminile, trasudano passione per la vita e celebrano la donna, come amante, amica, madre.
Laddove le pietre non riescono a parlare con lui e per lui, Efisio Pisano decide di rivolgersi alla scrittura; la penna è uno strumento che sente meno suo rispetto allo scalpello, ma usare le parole è, a volte, più semplice che usare le pietre: scrive per raccontarsi, per sfogare silenzi sofferti o parole buttate al vento. Scrivere lo aiuta a sciogliere dei nodi che altrimenti resterebbero soffocati o che lo soffocherebbero, le parole si avvicinano l’una all’altra a ricomporre un mosaico che si era distrutto. Le sue parole sono raccolte in alcune opere: Scrivere con lo scalpello viene pubblicata nel 1991 e Diario di uno sconosciuto nel 2000.
A chi gli chiedeva da dove prendesse le idee per le sue sculture o per quello che scriveva risponde con una poesia:
…Vorrei non rispondere.
A quanto ne so poi non sono cose da prendere
tutt’al più si trovano, o meglio arrivano da sole.
Di preciso non ho mai capito cosa siano.
Certo è che non sono farfalle da rincorrere
e da appuntare poi con spilli sulla fronte.
Né uccelli da ingabbiare nella testa o pesci
colorati da tenere nel bidè…
Gli ultimi anni li trascorre nella casa progettata e costruita da lui stesso. In ogni angolo si celano segni della sua arte: i pilastri sono magnifici corpi di donne, i rubinetti becchi di uccelli esotici, le travi di legno sono abilmente lavorate.
Lo si può immaginare seduto nella sua veranda, il suo fedele cane che dorme ai suoi piedi, il verde dei suoi occhi riflesso nei monti della sua infanzia, con lo scorrere del fiume a cullare i suoi pensieri e le sue mani, stanche dopo tanto lavorare, poggiate sul grembo.
Certe volte mi fa proprio incazzare. Con alcuni è sempre pronto, prodigo e amorevole.
Per me invece, che disperato lo prego e chiedo aiuto, non fa mai niente e anzi se la ride.
È sempre stato così con questo Dio che non mi dà una mano e che non risponde.
Il bello è che dovrò cavarmela da solo sino alla fine e sia che sia l’inferno,
il purgatorio o il paradiso, di sicuro dovrò andarci con le scale
e non certo con un comodo ascensore.
Efisio Pisano
Diario di uno sconosciuto
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